Tarocchino Bolognese
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Degli antichi giochi dei Tarocchi un tempo diffusi in tutta Europa, il Tarocchino bolognese è l’unico che ancora vive e viene giocato da oltre cinquecento anni, conservando strutture e regole pressoché invariate. Il re dei giochi, come lo chiamavano nel Seicento, pur avendo in passato ottenuto fama anche oltre Italia, è rimasto esclusivo di Bologna e della sua provincia: chi lo conosce, lo preferisce a qualsiasi altro. Sulle sue origini si è molto discusso, ma l’ipotesi più accreditata è quella che lo fa derivare dalle naibi, carte note in Italia nel XIV secolo e utilizzate per un gioco a fini didattici. La sua stagione di maggior celebrità è stata nel Rinascimento quando veniva praticato nelle principali corti europee. Il mazzo del Tarocchino bolognese è composto da 62 carte suddivise in cinque pali o semi: coppe, denari, spade, bastoni e trionfi. E’ un gioco di risposta al seme, simile al Tressette, al Marafone romagnolo, ai Trionfi ferraresi e al Bridge, ma a differenza di questi ultimi utilizza il quinto seme, cioè i trionfi, per tagliare quando non si ha da rispondere al seme giocato. Ottocento, Mattazza, Millone, Terziglio e Centociquanta sono i cinque giochi più diffusi con le carte lunghe. Per le sue quasi infinite combinazioni il Tarocchino si tramanda solo verbalmente. Perdere o conquistare una carta può stravolgere il risultato finale. Coprirsi il Matto, salvare il Bégato, rompere Criccone, strisciar trionfi, far Sequenza e scavezzare la Grande, sono le frasi ricorrenti quando si pratica il Tarocchino.